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Delay of Game

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Ho poche certezze nella mia vita: la prima è l’hockey, la seconda è la mia squadra, la terza è che Brooke Delgado mi odia.
È un bel problema, perché io sono pazzo di lei fin dal liceo, e non ho la minima idea delle ragioni del suo astio nei miei confronti.
Il mio nome è John Whitman e sono il portiere dei Denver Pioneers, i campioni nazionali di hockey universitario. Non amo i drammi, ma le questioni in sospeso mi infastidiscono ancora di più e Brooke è un’enorme questione in sospeso. Un ritardo nel gioco che mi tiene bloccato in una partita senza fine, togliendomi la possibilità di andare avanti.
E io ho tutta l’intenzione di fare a pezzi questa impasse.

Non ho mai gradito gli sportivi, soprattutto i giocatori di hockey. Sono degli idioti gradassi e io ho cose più importanti di dischetti e classifiche a cui pensare. Tipo il mio futuro, quello che traballa sin dal giorno in cui mia madre si è ammalata.
John Whitman è il re dei gradassi e non me ne fregherebbe niente di lui se solo non sapessi ciò che ha fatto. Ho promesso di tenere la bocca chiusa, ma non posso tollerare la sua presenza, né intendo farlo. Peccato che mi capiti sempre tra i piedi e che non abbia alcuna intenzione di lasciarmi perdere.
Se è lo scontro che cerca, allora lo avrà. Perché, se c’è una cosa che odio più dei bugiardi, sono i codardi.

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Descrizione

PROLOGO

Brooke Dominic: “Ho bisogno del tuo aiuto”.

Non avevo ancora aperto del tutto gli occhi quando trovai quel messaggio quasi inquietante sul cellulare. Mi ci volle un po’ per mettere a fuoco dove fossi, come mi chiamassi e in che secolo mi trovassi, più o meno come tutte le mattine.

La sveglia era puntata per le sette e il cellulare segnava appena le sei e mezza. Il messaggio di Dominic, invece, risaliva circa a un’ora prima.

È uno psicopatico.

Mi misi a sedere sul letto, stropicciando gli occhi.

La mia compagna di stanza stava ancora dormendo, perciò scivolai giù dal materasso e mi infilai in bagno. In mezzo alla nebbia sonnolenta che ancora avvolgeva gran parte dei miei neuroni, emersero due domande. Primo, era successo qualcosa tra lui e Laney? Secondo, perché mi era sembrata una buona idea dare a De Luca il mio numero durante lo Spring Break?

«Per le emergenze» aveva detto Laney, quando avevo provato a protestare, e io avevo ceduto. Con un’unica clausola, però: non darlo a nessuno senza il mio esplicito consenso.

Brooke: “Puoi essere più specifico?”

Dominic: “Buongiorno dormigliona”.

Brooke: “Sono le sei e mezza del mattino, De Luca”.

Dominic: “Io sono in piedi da due ore”.

Brooke: “Io invece non mi alzo alle quattro per andare a correre sul ghiaccio come un idiota”.

Dominic: “Vacci piano, B”.

Dominic: “Ti ho scritto perché mi serve una mano. Voglio organizzare una festa a sorpresa per il compleanno di Laney”.

Seduta sul water con le ginocchia incastrate contro il box doccia, feci un rapido calcolo mentale dei giorni e mi resi conto che mancava meno di un mese al compleanno della mia migliore amica.

Brooke: “Cos’avevi in mente?”

Dominic: “Una cosa semplice, tranquilla. Ho già scelto il posto, oggi andrò a parlare con il proprietario per chiedergli l’affitto esclusivo della sala”.

Brooke: “Pretenzioso”.

E anche costoso, aggiunsi mentalmente, ma mi guardai bene dall’esternare quel secondo pensiero. Dominic De Luca non aveva problemi di soldi, la sua famiglia era sempre stata benestante. Io, invece, facevo i conti con la dura realtà tutti i santi giorni. Avevo imparato sin da bambina a scindere il necessario dal superfluo e il «davvero necessario» dal «meno necessario». Passavo i miei giorni a scegliere a cosa rinunciare e, dovendo pagarmi la vita fuori casa, c’era davvero poco che potessi concedermi, a parte lo studio. Non mi lamentavo, però. Quella era la mia vita e andava bene così. In fondo, non mi mancava nulla e poter frequentare il college era già qualcosa di cui essere davvero grata.

Dominic: “Ho dei soldi da parte”.

Sembrava quasi che mi avesse letto nel pensiero e la cosa mi fece sentire a disagio, perciò cercai di riportare il discorso sulla retta via.

Brooke: “Okay, possiamo arrivare al punto in cui mi dici cosa ti serve? Perché avrei un impegno tra un’ora”.

Al gattile comunale, dove facevo volontariato ogni volta che ne avevo l’occasione.

Dominic: “Ho bisogno che coordini la parte relativa ai regali”.

Brooke: “Cioè?”

Dominic: “I ragazzi non sono molto bravi a fare shopping. Mi sarebbe davvero d’aiuto se tu potessi suggerire loro qualcosa che possa piacere a Laney”.

I ragazzi. Il suo squadrone di cretini imbevuti nel testosterone. No. Non volevo averci niente a che fare.

Brooke: “Pensaci tu”.

Dominic: “E dai, io penso già a tutto il resto! Sei la sua migliore amica, di sicuro sai cosa le serve e cosa può renderla felice”.

Brooke: “Sono certa che possano cavarsela benissimo da soli. Laney è una persona semplice, non ha bisogno di cose chissà quanto elaborate”.

Dominic: “Kellan vuole comprarle un vibratore”.

Dominic: “O, in alternativa, un completo intimo in stile sadomaso”.

Oh, sant’Iddio.

Brooke: “VA BENE”.

Brooke: “Possono mandarmi una mail e io risponderò con un suggerimento”.

Dominic: “Ho un’idea migliore”. Dominic De Luca ti ha aggiunto al gruppo Festa a sorpresa Blue: Regali.

Feci un profondo respiro, pentendomi all’istante di aver accolto la richiesta d’aiuto di Dominic. Come diavolo gli era venuto in mente di ficcarmi in una chat con la sua imbecillsquadra di hockey?!

Prima che il panico potesse fare presa nelle mie viscere, una serie di messaggi piovve sullo schermo del mio telefono, facendolo vibrare. Diedi una rapidissima scorsa alle proposte che fioccavano sul gruppo e gemetti.

Kellan Rogers: “Continuo a pensare che un vibratore sarebbe la scelta migliore”.

Brian Barrow: “Un dildo extralarge? Sappiamo tutti che Dominic ce l’ha piccolo”.

Dominic: “Vaffanculo, Brian”.

Landon Johanssen: “Che ne dite di uno striptease live?” Matthew Parks: “Fatto da noi?” Landon Johanssen: “Be’, certo. Il nostro Johnny è un vero esperto in materia”.

Chiusi la chat prima di leggere la risposta del diretto interessato e di cedere all’impulso di buttare il telefono nella tazza del water. Riaprii i messaggi con il ragazzo della mia migliore amica e digitai in preda a una furia omicida.

Brooke: “ME LA PAGHERAI, DE LUCA”.

Lui rispose con una faccina sorridente.

Dominic: “Conto che verrai alla festa, B”.

Aprii la rubrica, per controllare che giorno fosse il dieci giugno e sospirai di sollievo quando mi resi conto che era un sabato. Avevo il turno in pasticceria fino alle sette. Potevo farcela.

Brooke: “Porterai sul serio tutti quei cazzoni a Cripple Creek?”

Dominic: “Certo che no. La festa la faremo a Denver”.

Lo stomaco si contrasse.

Brooke: “Non posso venire a Denver, Dominic”.

Dominic: “Perché no? Da Colorado Springs arrivi a Denver in un’ora o poco più. Lo stesso tempo che impiegheresti per tornare a Cripple Creek”.

Giusta osservazione, peccato che io non avessi la macchina. Per tornare a Cripple Creek avrei chiesto un passaggio a lui, in caso, oppure avrei pagato mio fratello per venirmi a prendere. Ma così…

Dominic: “Non puoi mancare, Brooke”.

Mi piegai fino a toccare le ginocchia con la fronte e sospirai. Andare fino a Denver era una spesa che non potevo sostenere in quel momento. Per arrivarci avrei dovuto prendere un autobus, ammesso che ce ne fosse stato uno compatibile con i miei orari. E poi come avrei fatto a tornare a Colorado Springs? Mi sarei dovuta per forza trovare un posto per dormire fuori e – di nuovo – non me lo potevo permettere.

Come spiegarlo a De Luca, però? Non gli avrei mai e poi mai rivelato dei miei problemi economici.

Brooke: “Non ho la macchina”. Tagliai corto, con un groppo in gola. Non poter partecipare alla festa di compleanno della mia migliore amica mi faceva sentire uno schifo al quadrato.

Dominic: “Se è solo questo il problema, allora non è un problema”.

Cosa cavolo vorrebbe dire? Tempo due minuti, mi arrivò un nuovo messaggio. Lo aprii senza fare caso al mittente, ancora persa nelle mie congetture. Quando mi resi conto di cosa stava succedendo, però, faticai a trattenere l’impulso di urlare.

John Whitman: “Vengo a prenderti io, Brooke”.

Oh, sì. Quella era proprio la spinta che mi serviva per mandare tutti a fare in culo. Presi un respiro profondo per calmare i nervi e risposi.

Brooke: “Col cazzo, Whitman”.

John Whitman: “Sì, tranquilla, porto anche quello ”.



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Italiano

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Cartaceo

Copertina flessibile

€ 15,00

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