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La ragazza della luna. Le Sette Sorelle Vol. 5

13,00

Sono trascorsi ormai sei mesi dalla morte di Pa’ Salt, e Tiggy, la quinta delle sorelle D’Aplièse, accetta un lavoro nella riserva naturale di Kinnaird. In questo luogo selvaggio e completamente isolato nelle Highlands scozzesi, si dovrà occupare di una razza felina a rischio di estinzione per conto di Charlie, l’affascinante proprietario della tenuta. Qui Tiggy incontra Cal, il guardacaccia e coinquilino, che presto diventerà un caro amico; Zara, la figlia adolescente e un po’ ribelle di Charlie e Zed Eszu, corteggiatore insistente nonché ex fidanzato di una delle sorelle. Ma soprattutto incontra Chilly, un vecchio gitano che sembra conoscere molti dettagli del suo passato e di quello di sua nonna: la famosa ballerina di flamenco Lucía Amaya Albaycín. Davvero una strana coincidenza, ma Tiggy ha sempre avuto un intuito particolare, una connessione profonda con la natura. Questo incontro non è casuale, è parte del suo destino e, quando sarà pronta, non dovrà fare altro che seguire le indicazioni di Pa’ Salt e bussare a una porticina azzurra nel Cortijo del Aire, a Granada.

Dai paesaggi incontaminati della Scozia allo splendore assolato della Spagna, “La ragazza della luna” è il quinto episodio della saga delle Sette Sorelle.

Informazioni aggiuntive

Editore

Data di pubblicazione

2 gennaio 2019

ISBN

978-8809843493

Lingua

Italiano

Formato
Copertina flessibile

€ 13,00

COD: 6345 Categoria: Tag: Product ID: 21995

Descrizione


1

«Ricordo esattamente dov’ero e cosa stavo facendo quando ho saputo che mio padre era morto.»

«Anch’io ricordo dov’ero, quando è successo a me.»

Charlie Kinnaird mi fissò con i suoi penetranti occhi azzurri.

«Dov’era?»

«Nella riserva di Margaret, a spalare sterco di cervo. Vorrei averlo scoperto in circostanze migliori, ma purtroppo non è così. Pazienza. Anche se…» Deglutii a forza, domandandomi come diavolo avesse potuto la conversazione – o, più precisamente, il colloquio – spostarsi sulla morte di Pa’ Salt. Sedevo nella mensa soffocante di un ospedale, di fronte al dottor Charlie Kinnaird. Non appena era entrato, avevo notato come la sua presenza attirasse l’attenzione. Non era solo per il fatto che fosse bellissimo – con il fisico snello ed elegante fasciato in un completo grigio su misura e una testa di capelli mossi, castano chiaro con riflessi ramati –, ma semplicemente per la sua naturale autorevolezza. Diversi membri del personale, seduti lì vicino, avevano smesso di sorseggiare il caffè per alzare lo sguardo e fargli un rispettoso cenno di saluto mentre passava. Quando mi aveva raggiunta e mi aveva teso la mano, una sottile scossa elettrica aveva attraversato il mio corpo. Ora che era davanti a me, osservavo le sue lunghe dita giocherellare senza sosta con il cercapersone, rivelando una buona dose di nervosismo.

«“Anche se” cosa, signorina D’Aplièse?» mi incalzò Charlie con una leggera pronuncia scozzese. Mi resi conto che evidentemente non aveva intenzione di tirarmi fuori dal vicolo cieco in cui mi ero infilata.

«Mmm… Semplicemente non sono sicura che Pa’ sia morto. Insomma, certo che lo è, perché se n’è andato e non farebbe mai finta di essere morto o roba simile – saprebbe quanto dolore procurerebbe a tutte le sue ragazze –, ma io lo sento intorno a me tutto il tempo.»

«Se può esserle di conforto, la trovo una reazione assolutamente normale. Molti dei parenti in lutto con cui parlo, dicono di avvertire la presenza dei cari dopo la loro scomparsa.»

«Naturalmente.» Mi sentii trattata con un pizzico di condiscendenza, anche se dovevo considerare che stavo parlando con un medico, una persona che affrontava ogni giorno la morte e il dolore dei familiari.

«È buffo, in realtà» sospirò riprendendo il cercapersone dal tavolo e cominciando a girarselo e rigirarselo tra le mani. «Come ho detto, anche mio padre è morto di recente, e sono tormentato da quelle che posso soltanto definire “scene da incubo”: lui che esce dalla tomba!»

«Non andavate d’accordo?»

«No. Sarà anche stato il mio padre biologico, ma il nostro rapporto iniziava e finiva lì. Non avevamo nient’altro in comune. Evidentemente lei e suo padre sì.»

«Esatto, anche se per ironia della sorte io e le mie sorelle siamo state adottate da piccole, perciò non c’è alcun legame biologico. Ma non avrei potuto essergli più affezionata. Era straordinario.»

Sorrise. «A riprova che la biologia non conta quando si tratta di andare d’accordo con i genitori. È un terno al lotto, vero?»

«Se devo essere sincera, credo di no» dissi, decisa che ci fosse una sola “me” e nessun’altra, anche durante un colloquio di lavoro. «Sono convinta che ci incontriamo per una ragione, a prescindere dal fatto che siamo consanguinei o meno.»

«È tutto predestinato, intende?» Inarcò un sopracciglio con aria scettica.

«Sì, ma so che quasi nessuno la pensa come me.»

«Compreso il sottoscritto, temo. Facendo il cardiochirurgo, devo occuparmi ogni giorno del cuore, che tutti consideriamo la sede delle emozioni e dell’anima. Purtroppo sono costretto a vederlo come un muscolo, e spesso malfunzionante, per giunta. Sono stato abituato a guardare il mondo con occhio puramente scientifico.»

«Credo che nella scienza ci sia posto per la spiritualità» replicai. «Anch’io ho fatto studi rigorosamente scientifici, ma ci sono molte cose che la scienza non è ancora riuscita a spiegare.»

«Ha ragione, ma…» Controllò l’orologio. «Siamo usciti dal seminato, e devo tornare in ambulatorio tra un quarto d’ora. Perciò mi scusi se vengo al sodo, ma cosa le ha detto Margaret della tenuta dei Kinnaird?»

«Che sono oltre sedicimila ettari di natura incontaminata e che lei cerca qualcuno che conosca gli animali indigeni della zona, in particolare i gatti selvatici.»

«Sì. Dato che mio padre è morto, la tenuta passerà a me. Papà l’ha usata per anni come un parco giochi personale; andava lì a cacciare, sparare e pescare, e prosciugava le distillerie locali senza la minima considerazione per l’ambiente. A onor del vero, non è tutta colpa sua. Nel secolo scorso, suo padre e diversi uomini della famiglia prima di lui sono stati felici di farsi pagare dai taglialegna per le costruzioni navali. Sono rimasti a guardare mentre vaste distese di foresta scozzese venivano abbattute. Allora non si conoscevano le conseguenze di questi interventi, ma oggi, in questi tempi di maggiore saggezza, sì. So benissimo che sarà impossibile riportare indietro l’orologio completamente – non nell’arco della mia vita, almeno –, ma non vedo l’ora di cominciare. Ho il miglior guardacaccia delle Highlands alla guida del progetto di riforestazione. Abbiamo anche ristrutturato il cottage dove viveva papà, per cui possiamo affittarlo agli ospiti che desiderano respirare un po’ d’aria fresca e fare qualche battuta di caccia organizzata.»

«Giusto.» Cercai di reprimere un brivido.

«Evidentemente lei non approva l’abbattimento selettivo degli animali.»

«Non posso approvare l’uccisione di una creatura innocente, no. Ma capisco i motivi che la impongono» mi affrettai ad aggiungere. Dopotutto, dissi a me stessa, mi stavo candidando per un lavoro in una tenuta nelle Highlands, dove l’abbattimento selettivo dei cervi non era soltanto un’usanza, ma anche un obbligo di legge.

«Data la sua esperienza, sono sicuro che sappia come l’ecosistema in Scozia sia stato distrutto dall’uomo. Non ci sono più predatori naturali, come i lupi e gli orsi, a tenere sotto controllo la popolazione dei cervi. Oggi questo compito tocca a noi. Se non altro possiamo svolgerlo nel modo più umano possibile.»

«Lo so, anche se voglio essere sincera fino in fondo: non sarei mai in grado di dare una mano durante una battuta di caccia. Gli animali sono abituata a proteggerli, non a ucciderli.»

«Capisco il suo punto di vista. Ho dato un’occhiata al suo curriculum ed è molto interessante. Oltre ad avere una laurea cum laude in zoologia, si è specializzata in tutela della fauna?»

«Sì, il lato tecnico della mia laurea – anatomia, biologia, genetica, schemi comportamentali degli animali indigeni, eccetera – si è rivelato preziosissimo. Ho lavorato per qualche tempo nel dipartimento di ricerca dello zoo di Servion, ma ben presto mi sono resa conto di voler fare qualcosa di concreto per aiutare gli animali, invece di limitarmi a studiarli da lontano e ad analizzarne il DNA in una capsula di Petri. Semplicemente… entro subito in empatia con loro, se li ho davanti in carne e ossa, e, pur non avendo studiato veterinaria, sembro avere il dono di guarirli quando sono malati.» Scrollai le spalle, cercando di apparire modesta.

«Margaret non ha certo lesinato elogi sulle sue capacità. Mi ha detto che badava ai gatti selvatici della sua riserva.»

«Sì, mi occupavo di loro ogni giorno, ma la vera esperta è Margaret. Speravamo che i gatti si accoppiassero questa stagione nel quadro del programma di ripopolamento, ma ora che la riserva sta per chiudere gli animali saranno trasferiti, perciò probabilmente non succederà. I gatti selvatici sono molto capricciosi.»

«Lo dice anche Cal, il mio guardacaccia. Non è affatto contento al pensiero di adottare i gatti, ma sono indigeni della Scozia, e così rari che ritengo sia nostro dovere fare il possibile per salvare la specie. Secondo Margaret, se c’è qualcuno che possa aiutarli ad adattarsi al nuovo habitat, è lei. Perciò sarebbe interessata a stare con loro per qualche settimana per vedere se si ambientano?»

«Sì, anche se occuparsi solo di loro non sarebbe un lavoro a tempo pieno. C’è qualcos’altro che potrei fare?»

«A essere sincero, Tiggy – possiamo darci del tu? –, non ho ancora avuto il tempo di pensare bene al futuro della tenuta. Tra il mio lavoro qui e le pratiche per l’eredità, sono stato molto occupato. Ma già che ci sei, ti sarei grato se potessi perlustrare la zona e valutarne l’idoneità per altre specie indigene. Mi piacerebbe introdurre lo scoiattolo comune e la lepre variabile. Sto pensando anche ai cinghiali e agli alci, oltre all’idea di ripopolare i torrenti e i laghi di salmoni selvatici, costruendo strutture per favorire la fecondazione. Il potenziale è ampio, con le risorse giuste.»

«Okay, è tutto molto interessante. Ma devo avvertirti che i pesci non sono la mia specialità.»

«Naturalmente. E io devo avvertire te che la mia situazione finanziaria mi permette di offrirti soltanto uno stipendio base, più l’alloggio, ma ti sarò molto riconoscente per qualunque aiuto vorrai darmi. Per quanto ami quel posto, Kinnaird si sta dimostrando un progetto difficile e impegnativo.»

«Avresti dovuto sapere che un giorno la tenuta sarebbe diventata tua» azzardai.

«Sì, ma pensavo anche che papà avrebbe tirato avanti per sempre. Tanto che non si è neppure preso il disturbo di fare testamento. Nonostante io sia l’unico erede e sia solo una formalità, mi sono ritrovato alle prese con un mucchio di scartoffie di cui avrei fatto volentieri a meno. Comunque, sarà tutto sistemato entro gennaio, o almeno così dice l’avvocato.»

«Com’è morto?»

«Per ironia della sorte, ha avuto un infarto e l’hanno portato qui in elicottero.» Sospirò. «Ormai ci aveva già lasciati, inebriato dai fumi dell’alcol, come è emerso dall’autopsia.»

«Dev’essere stata dura per te.» Trasalii al solo pensiero.

«Sì, è stato uno shock.»

Le sue dita afferrarono di nuovo il cercapersone, tradendo l’angoscia che aveva dentro.

«Non puoi vendere la tenuta, se non la vuoi?»

«Dopo che è stata di proprietà dei Kinnaird per trecento anni?» Alzò gli occhi al cielo ridacchiando. «Tutti i fantasmi della famiglia mi perseguiterebbero fino all’ultimo dei miei giorni! E devo cercare di prendermene cura, non fosse altro che per mia figlia Zara. È innamorata pazza di quel posto. Ha sedici anni e, se potesse, mollerebbe la scuola domani e lavorerebbe a Kinnaird a tempo pieno. Le ho detto che prima deve finire gli studi.»

«Giusto.» Lo guardai stupita azzerando l’idea che mi ero fatta di lui. Non sembrava così grande da poter avere figli, soprattutto una ragazza di sedici anni.

«Sarà una proprietaria fantastica quando sarà adulta» continuò Charlie, «ma prima voglio che si goda un po’ la vita: che vada all’università, che veda il mondo e che sia davvero sicura di volersi dedicare alla tenuta di famiglia.»

«Ho capito cosa volevo fare a quattro anni, quando ho visto un documentario sugli elefanti che venivano uccisi per l’avorio. Non mi sono presa un anno di pausa. Sono andata dritta all’università. Niente viaggi,» dissi scrollando le spalle «ma non c’è nulla che possa sostituire l’esperienza sul campo.»

«È quello che continua a ripetermi Zara.» Accennò un sorriso. «Ho la sensazione che voi due andrete d’accordo. Naturalmente dovrei piantare baracca e burattini» indicò la mensa «e dedicare la mia vita alla tenuta finché Zara non potrà prendere il mio posto. Il problema è che fino a quando non avremo rimesso in sesto Kinnaird, sarebbe azzardato lasciare il mio lavoro. E detto tra noi, non sono neppure sicuro di essere tagliato per vestire i panni del proprietario terriero.» Controllò di nuovo l’orologio. «Mi dispiace, devo andare, ma se sei interessata è meglio che tu faccia un salto a Kinnaird e che la veda di persona. Non è ancora nevicato, ma avverrà presto. Devi farti un’idea di quanto sia isolata.»

«Vivo con Margaret in un cottage nel bel mezzo del nulla» gli rammentai.

«Il cottage di Margaret è Times Square in confronto a Kinnaird. Ti do il numero del cellulare di Cal MacKenzie, il guardacaccia, e anche quello del Lodge. Tu lascia dei messaggi, prima o poi lui li ascolterà e ti richiamerà.»

«Okay…»

Il bip del cercapersone mi interruppe.

«Devo proprio scappare.» Si alzò. «Se hai altre domande, inviami pure una mail e, se mi fai sapere quando vai a Kinnaird, farò il possibile per raggiungerti. Per favore, pensaci. Ho veramente bisogno di te. Grazie per essere venuta. Arrivederci.»

«Arrivederci.» Lo guardai mentre si voltava e zigzagava tra i tavoli verso l’uscita. Provai una strana euforia, perché mi ero sentita davvero in sintonia con lui. Aveva un’aria familiare, come se lo conoscessi da sempre. Visto che credevo nella reincarnazione, probabilmente era così. Chiusi gli occhi per un secondo e sgomberai la mente per cercare di concentrarmi sulla prima emozione che sentivo affiorare dentro di me al pensiero di Charlie, e il risultato mi scioccò. Anziché essere pervasa da un caloroso affetto per un potenziale datore di lavoro dal fare paterno, mi accorsi che a reagire era una parte completamente diversa di me.

No! Aprii gli occhi e mi alzai. Ha una figlia adolescente, perciò è molto più grande di quanto non dimostri, e probabilmente sposato, mi rimproverai percorrendo i corridoi ben illuminati e uscendo nella nebbia di un pomeriggio di novembre. Il crepuscolo aveva già iniziato a scendere su Inverness, anche se erano passate le tre soltanto da poco.

Mentre aspettavo l’autobus per la stazione, fui percorsa da un brivido. Se di freddo o di emozione non saprei dirlo. L’unica cosa che sapevo era che, istintivamente, mi interessava quel lavoro, benché temporaneo. Così presi il numero di Cal MacKenzie, tirai fuori il cellulare e lo chiamai.

«Allora» mi chiese Margaret quella sera mentre ci accomodavamo davanti al camino con la solita tazza di cioccolata calda. «Com’è andata?»

«Vado a vedere la tenuta di Kinnaird giovedì.»

«Bene.» Tra le rughe del volto, i suoi luminosi occhi azzurri cominciarono a brillare. «Che ne pensi del proprietario?»

«È stato molto… gentile. Sul serio» riuscii a rispondere. «Parecchio diverso da come me l’aspettavo» aggiunsi, sperando di non essere arrossita. «Credevo che fosse molto più vecchio. Magari senza capelli e con un’enorme pancia per il troppo whisky.»

«Già» ridacchiò, leggendomi nel pensiero. «È un bell’uomo, su questo non ci sono dubbi. Conosco Charlie da quando era bambino; mio padre lavorava per suo nonno a Kinnaird. Un ragazzo attraente, anche se quando si è sposato abbiamo capito tutti che stava per commettere un errore. Era anche molto giovane.» Alzò gli occhi al cielo. «Sua figlia Zara è una ragazza dolce, intendiamoci, anche se un po’ spericolata, ma non ha avuto un’infanzia facile. Dimmi, però, cos’altro ha detto Charlie?»

«Oltre a prendermi cura dei gatti, vuole che faccia delle ricerche sulle specie indigene da introdurre nella tenuta. Sinceramente, non mi è parso molto… organizzato. Penso che sarà solo un lavoro temporaneo finché i gatti non si saranno ambientati.»

«Be’, anche se è soltanto per un breve periodo, vivere e lavorare in una tenuta come Kinnaird sarà molto istruttivo. Forse comincerai a capire che non puoi salvare qualunque creatura trovi sulla tua strada. E questo vale anche per i rottami della specie umana» aggiunse con un sorriso sardonico. «Devi imparare ad accettare il fatto che gli animali e gli uomini devono seguire il loro destino. Tu puoi soltanto fare del tuo meglio, nient’altro.»

«Non sarò mai indifferente alla sofferenza degli animali. Lo sai benissimo.»

«Sì, cara, ed è questo a renderti speciale. Sei una bambolina con un cuore grande così, ma sta’ attenta a non consumarlo con tutte quelle emozioni.»

«Che tipo è Cal MacKenzie?»

«All’apparenza è un po’ burbero, ma sotto sotto è un pezzo di pane. Quel posto è il suo mondo, e potresti imparare un mucchio di cose da lui. E poi, se non accetti questo lavoro, cosa farai? Sai che io e gli animali ce ne andremo di qui entro Natale.»

Per colpa di un’artrite invalidante, Margaret si sarebbe trasferita nella cittadina di Tain, a quarantacinque minuti di auto dal cottage umido e fatiscente in cui sedevamo in quel momento. I suoi otto ettari di terreno collinare sulla sponda del Dornoch Firth ospitavano da quarant’anni lei e la sua variegata squadra di animali.

«L’idea di partire non ti rattrista?» chiesi per l’ennesima volta. «Io piangerei come una fontana giorno e notte.»

«Altroché se mi rattrista ma, come ho cercato di insegnarti, tutte le cose belle sono destinate a finire. E, a Dio piacendo, ne inizieranno di nuove e di migliori. È inutile rimpiangere ciò che è stato, devi soltanto accogliere ciò che verrà. Sapevo da tempo che questo momento sarebbe arrivato e, grazie al tuo aiuto, sono riuscita a passare un altro anno qui. Inoltre il mio nuovo bungalow ha un impianto di riscaldamento che funziona a meraviglia, e il segnale della TV che arriva senza interruzioni!»

Fece un gran sorriso, anche se io – che mi vantavo di avere per natura un bell’intuito – non avrei saputo dire se fosse davvero felice per il futuro o se si sforzasse semplicemente di essere coraggiosa. Mi alzai e andai ad abbracciarla.

«Sei straordinaria. Tu e i tuoi animali mi avete insegnato moltissime cose. Mi mancherete da morire.»

«Be’, non ti mancherò se accetterai il lavoro a Kinnaird. Sarò a un tiro di schioppo giù nella valle e ti darò qualche consiglio sui gatti, se ne avrai bisogno. E dovrai far visita a Dennis, Guinness e Button, altrimenti anche loro avranno nostalgia di te.»

Abbassai lo sguardo sulle tre creature scheletriche stese davanti al fuoco; un decrepito gatto rosso senza una zampa e due vecchi cani. Tutti e tre erano stati curati da Margaret quando erano cuccioli.

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